Quarta crociata

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Quarta Crociata
parte delle Crociate
Conquista di Costantinopoli nel 1204.
Data12021204
LuogoBalcani
Casus belliFallimento della Terza crociata
Esito
  • Vittoria crociata sui bizantini
  • Si sciolse prima di arrivare in Terra Santa
Modifiche territorialiCreazione dell'Impero Latino
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
42000 crociati
13000 veneziani
40-70 navi tonde
60 galee
100-110 uscieri
numerose navi minori
Totale: 200-230 navi maggiori
Sconosciuti, 20000-30000 (in maggioranza cittadini armati, i soldati di professione erano quasi esclusivamente le 5000 guardie variaghe)
20 navi
Perdite
sconosciutesconosciute
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La quarta crociata fu indetta da papa Innocenzo III all'indomani della propria elezione al soglio pontificio nel 1198. Doveva essere diretta contro i musulmani in Terra santa, ma in realtà si risolse nel saccheggio di Bisanzio da parte dell'esercito crociato, portando alla spartizione dell'Impero bizantino e alla costituzione da parte dei crociati dell'Impero latino di Costantinopoli. Nella prima enciclica di Innocenzo III, dell'agosto 1198, la liberazione di Gerusalemme era vista come necessaria, ma questo obiettivo non fu raggiunto e solo una piccola parte di crociati raggiunse la Terrasanta.

Preliminari[modifica | modifica wikitesto]

Dopo il fallimento della terza crociata, in Europa ben poco interesse sussisteva per una ripetizione dell'avventura. Gerusalemme era in mano alla dinastia curdo-musulmana degli Ayyubidi che governava la Siria e l'Egitto, eccettuate poche città lungo la costa che erano controllate dal regno di Gerusalemme. La terza crociata aveva anche istituito il Regno di Cipro.

La quarta crociata fu predicata e indetta da papa Innocenzo III, al secolo Lotario conte di Segni, eletto al seggio di Pietro all'età di 36 anni l'8 gennaio del 1198. Il 15 agosto 1198, pochi mesi dopo la sua elezione al soglio pontificio, il pontefice emanava un'enciclica con la quale incitava i cattolici alla riconquista di Gerusalemme. La reazione degli Stati europei non fu proprio entusiasta. I tedeschi erano in polemica con il papa, Francia e Inghilterra combattevano una delle loro guerre e le città marinare avevano i loro interessi in Oriente.

Per evitare una scomunica, la Repubblica di Venezia chiese al papa addirittura una dispensa alla partecipazione, perché affermava di non poter sopravvivere se fossero cessati i traffici con l'Egitto.[1] Ciononostante, principalmente in seguito alle fervide prediche di Folco di Neuilly, la crociata venne posta in essere in occasione di un torneo tenuto ad Écry-sur-Aisne e organizzato dal conte Tebaldo III di Champagne nel 1199.

La crociata stentava tuttavia a partire a causa della morte di Riccardo Cuor di Leone e dell'interdetto lanciato dal pontefice sulla Francia, perché il re aveva ripudiato sua moglie Ingeburge di Danimarca. I nobili francesi scelsero come loro capo il conte Tebaldo di Champagne, che però morì il 24 maggio del 1201; fu Bonifacio I del Monferrato a prendere il suo posto. L'obiettivo era di invadere l'Egitto, seguendo il progetto che Riccardo Cuor di Leone aveva prospettato al termine della sua spedizione in Terra santa durante la terza crociata.[2]

Trattative[modifica | modifica wikitesto]

Il doge Enrico Dandolo annuncia la partecipazione alla crociata nella Basilica di San Marco, incisione di Gustave Doré
Questa voce è parte della serie
Storia dell'Impero bizantino
Stato precedente
Impero romano
330–717
Dinastie costantiniana e valentiniana · Dinastia teodosiana · Dinastia leoniana · Dinastia giustinianea · Dinastia eracliana · Anarchia dei vent'anni
717–1204
Dinastia isauriana · Dinastia niceforiana · Dinastia amoriana · Dinastia macedone · Dinastia dei Ducas · Dinastia comnena · Dinastia angeliana
1204–1453
Quarta crociata e dominio latino (Impero latino · Principato d'Acaia)
Stati eredi dell'impero bizantino (Nicea · Epiro/Tessalonica · Trebisonda · Teodoro)
Dinastia paleologa (Despotato di Morea) · Declino dell'Impero bizantino · Caduta di Costantinopoli
Portale Bisanzio

I crociati, memori di quanto successo nelle crociate precedenti, decisero di prendere la via del mare per raggiungere la loro meta. Dal parlamento dei crociati di vennero nominati sei plenipotenziari che dovevano provvedere in merito. Scartate Marsiglia e Genova, non rimaneva che Venezia quale potenza marittima che potesse provvedere tempestivamente ai necessari navigli.

Vennero iniziate le trattative con la Serenissima e ai primi di febbraio del 1201 la delegazione crociata raggiunse Venezia e venne accolta dal doge Enrico Dandolo. Il doge ascoltò la richiesta dei crociati e rispose di dover consultare innanzitutto le diverse assemblee politiche della repubblica. Faceva parte dei plenipotenziari anche il maresciallo Goffredo di Villehardouin, il quale ci ha tramandato un rapporto delle trattative. Finalmente, nell'aprile, venne stipulato il contratto di trasporto e rifornimento.

I Veneziani per i loro servizi fecero accettare ai crociati il pagamento della cifra di 85000 marche imperiali d'argento. Per quella somma i veneziani avrebbero approntato per la fine di giugno del 1202 navigli bastanti per il trasporto di 4500 cavalieri con i loro cavalli, 9000 scudieri e20000 fanti.[3]

Il contratto prevedeva anche il rifornimento di viveri e foraggio bastanti per il viaggio; oltre a ciò Venezia s'impegnò ad armare 50 galere che avrebbero accompagnato la crociata in cambio della metà delle conquiste effettuate dal momento della partenza.[4] Le condizioni furono ritenute soddisfacenti dagli ambasciatori dei crociati e tre giorni dopo vennero ratificate da parte veneziana dal Maggior Consiglio e dall'assemblea popolare. Seguì anche una messa solenne nella basilica di San Marco con la presenza di ben 10000 persone.

I crociati iniziarono a radunarsi a Venezia tra l'aprile e il giugno 1202, più precisamente a San Niccolò sull'isola del Lido; le loro condizioni di vita erano alquanto precarie. In ogni caso la Serenissima aveva rispettato il contratto, le navi erano pronte e i rifornimenti erano disponibili.

«E la flotta da essi allestita era di tanta bellezza ed eccellenza, che mai cristiano ne vide una più bella ed eccellente; così le galere come le navi da trasporto, e bastevole per almeno il triplo degli uomini adunati nell'armata.»

Rispetto alle previsioni, il numero dei crociati che avevano risposto all'appello del Papa era molto ridotto e il denaro raccolto non bastava a coprire le spese: mancavano ancora 34000 marche d'argento, anche perché molti baroni e il loro seguito, in contrasto con la scelta di Venezia, avevano scelto altre vie per raggiungere la Terra Santa; in queste condizioni Venezia si rifiutò di prendere il mare. Intanto i crociati portavano scompiglio nella città, molestavano le donne, rubacchiavano e compivano altri spiacevoli misfatti. A causa di ciò furono banditi “come appestati” (Zorzi) al Lido dove s'erano accampati in attesa di quanto si doveva decidere.

Ma anche per i veneziani la situazione era molto sfavorevole: avevano investito capitali, che temevano di perdere, per soddisfare il contratto e dovevano continuamente rifornire viveri ai crociati accampati in attesa di partire. Mentre una parte dei pellegrini abbandonava l'impresa, oppure decideva di tentare la via di terra, il capo dei crociati, Bonifacio I del Monferrato, negoziò un compromesso con il doge Enrico Dandolo: i veneziani avrebbero partecipato all'impresa e il doge stesso avrebbe assunto il comando della spedizione.

Saccheggio di Zara[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Assedio di Zara (1202).
Dipinto di Eugène Delacroix che raffigura l'entrata dei crociati a Costantinopoli

Lo storico e scrittore veneziano Alvise Zorzi afferma che la riconquista di Zara non fu pattuita già dall'inizio, ma che era, per così dire, solo latente. Il proposito di riconquistare Zara prese concreta forma durante il viaggio, come logica necessità per una flotta così "pesante".[6] Il giorno 1º ottobre (secondo Zorzi), ovvero 8 novembre 1202 (secondo lo storico Steven Runciman), la grande flotta si mise in rotta. Come sopra riportato, Goffredo di Villehardouin tramanda che "mai flotta più bella partì da alcun porto".[6] Secondo stime attendibili, era composta da 202 navi di vario tipo, dove erano imbarcati 17000 veneziani e 32000 crociati. La flotta si fermò prima a Trieste e poi a Muggia, dove i veneziani chiesero un atto di sottomissione.

Arrivati a Zara (ormai sotto l'egida del Regno d'Ungheria) il 10 novembre, i crociati non vennero però accolti a braccia aperte, anzi la popolazione fece resistenza. Dopo un assedio di cinque giorni avvenne l'assalto alla città, che venne presa e saccheggiata. Ormai l'inverno era alle soglie e perciò venne deciso di svernare a Zara. Quando venne a conoscenza della presa di Zara e del saccheggio, il papa inorridì: contro il suo ordine i crociati avevano osato aggredire una città cristiana cattolica. Per tale ragione decise di scomunicare la crociata.

I diversi baroni dichiararono però di essere stati ricattati e costretti da Venezia alla sciagurata azione; il papa allora tolse loro la scomunica, che andò completamente a carico dei veneziani. Il doge Dandolo non si curò molto della scomunica, ma prese contatto con Filippo di Svevia (anche lui scomunicato), che doveva convincere il papa a far continuare l'impresa, anche a favore del proprio cognato Alessio IV.

Alessio IV[modifica | modifica wikitesto]

Difatti, nel frattempo, i crociati avevano ricevuto a Zara un'ambasciata del principe bizantino Alessio IV Angelo, figlio dell'imperatore Isacco II, detronizzato, accecato e tenuto in prigione da suo fratello Alessio III Angelo. Alessio era riuscito a fuggire dalla prigionia nel 1202 e si era rifugiato in Germania presso sua sorella, moglie di Filippo di Svevia.[4] In precedenza Alessio aveva già contattato Venezia da Verona. La proposta del principe bizantino era quella di ottenere la collaborazione dei crociati per riappropriarsi del trono in cambio di aiuti militari (10000 soldati), denaro e generi di consumo ai crociati, riunione delle due Chiese e favorevoli accordi mercantili con Venezia.[7] A Venezia promise anche di pagare la somma che i crociati non avevano pagato e di sostenere le spese di 500 cavalieri che dovevano rimanere in Terra santa.

Il papa, allettato dalla prospettiva della riunione con la chiesa ortodossa, si fece convincere, tolse la scomunica e diede il suo permesso per la continuazione dell'impresa e la detronizzazione dell'usurpatore Alessio III. Il doge Dandolo fu felicissimo di accontentare il papa e di assicurare a Venezia enormi vantaggi. Alcuni crociati, cui non piaceva la prospettiva di assalire un'altra città cristiana in luogo di combattere i musulmani, si separarono dal resto dei crociati e fecero vela in direzione della Siria.

Il 25 aprile 1203 Alessio IV arrivò a Zara e alcuni giorni dopo la flotta spiegò le vele in direzione di Costantinopoli. Venne fatta una sosta a Durazzo, dove Alessio fu riconosciuto quale imperatore, e un'ulteriore sosta venne fatta a Corfù. Finalmente il 24 giugno Costantinopoli venne avvistata. Dopo aver fatto invano il tentativo di occupare Calcedonia e Crisopoli, i crociati sbarcarono a Galata, riuscirono a far saltare la catena che difendeva il Corno d'Oro ed entrarono nel porto di Costantinopoli.

Prima presa di Costantinopoli[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Assedio di Costantinopoli (1203).
L'entrata dei crociati a Costantinopoli in un'incisione di Gustave Doré

Alessio aveva fatto capire ai crociati e ai Veneziani che sarebbero stati accolti con gioia dalla popolazione. Invece trovarono le porte sbarrate e le mura folte di difensori. Il 17 luglio, dopo alcuni giorni di aspra battaglia, i Veneziani riuscirono ad aprire una breccia nelle mura ed entrare nella città. Alessio III, messo alle strette, aveva arraffato quanto poteva del tesoro imperiale e si era dato alla fuga, portando con sé la figlia.

Isacco II venne liberato dal carcere e si dichiarò pronto a confermare le promesse fatte ai crociati dal figlio, che nominò coreggente il 1º agosto 1203, con appropriata cerimonia nella chiesa di Santa Sofia alla presenza di tutti i baroni della crociata. Ma non fu facile rispettare gli impegni presi: le casse del regno erano vuote e l'unione delle due chiese era fortemente osteggiata sia dal clero sia dal popolo. I crociati rimanevano accampati fuori delle mura e attendevano una decisione; Alessio cercava di tergiversare e di tacitare i comandanti dei crociati con dispendiosi regali.

In città le ivi residenti colonie dei mercanti genovesi e pisani venivano assalite dal popolo. Alessio peggiorò le cose imponendo nuove e gravose tasse per racimolare fondi volti ad acquietare i crociati che cominciavano a fare la voce grossa. Si fece nemico anche il clero, confiscando i candelabri d'argento delle chiese, che fece fondere. La scontentezza degli abitanti cresceva nel vedere i cavalieri che scorrazzavano in città.

I crociati avevano bisogno di viveri e per soddisfarne il bisogno facevano scorribande per conto proprio. Cominciarono atti di aperta ostilità contro i crociati, che venivano anche aggrediti per le strade. Alcuni di essi, responsabili del saccheggio di una moschea, vennero aggrediti dai “greci” e per difendersi appiccarono il fuoco ad alcune case. L'incendio si propagò e per giorni una parte di Costantinopoli fu preda delle fiamme; venne fatto anche un tentativo di incendiare le navi veneziane, che però non ebbe successo.

Si giunse ad una rivolta, capeggiata da Alessio V detto "Murzuflo", cugino di Alessio IV, che aveva precedentemente appoggiato l'usurpazione di Alessio III. Alessio IV venne catturato e strangolato, Isacco II morì misteriosamente poco dopo. Salito al trono, Alessio V rifiutò qualsiasi pagamento ai crociati e ai Veneziani e impose loro di lasciare la “sua” città e il “suo” dominio.

Seconda presa di Costantinopoli[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Assedio di Costantinopoli (1204).
Gustave Doré: Enrico Dandolo parlamenta con Alessio IV

I crociati non avevano intenzione di rinunciare al pagamento pattuito e pianificarono di conseguenza l'assalto alla città.

Una lettera del papa che proibiva l'azione venne intercettata dai comandanti dei Veneziani. Nacque però una disputa su chi doveva coprire l'alta carica. Filippo di Svevia era lontano e per di più scomunicato, Bonifacio I del Monferrato era inviso ai veneziani perché lo consideravano troppo ambizioso e, peggio ancora, nutriva rapporti con i genovesi.

Si decise allora che una commissione composta di sei crociati e sei Veneziani avrebbe nominato un imperatore dopo la conquista della città. Se l'eletto fosse stato uno dei crociati, ai Veneziani sarebbe andata la carica di Patriarca e viceversa.

All'imperatore sarebbe andato il palazzo imperiale, il Palazzo delle Blacherne, un quarto della città ed un quarto del regno. I crociati e i Veneziani si sarebbero spartiti i restanti tre quarti. Il bottino sarebbe stato diviso in parti uguali. Il contratto sulla spartizione, noto come Partitio Terrarum Imperii Romaniae, fu firmato nel marzo del 1204. In previsione di un attacco dei crociati, Alessio V fece rinforzare le mura e organizzò la difesa. Il primo attacco dei crociati venne sferrato il 9 aprile 1204, ma fu respinto e procurò solo forti perdite. Il 12 aprile fu fatto un nuovo tentativo e questa volta i Veneziani ricorsero a uno stratagemma.

L'attacco alle mura di Costantinopoili, in un'incisione di Gustave Doré

Avevano costruito piattaforme sulle cime degli alberi delle navi, poi avevano inclinato le imbarcazioni fino a che le piattaforme andavano a toccare le mura. Il veneziano Pietro Alberti fu il primo a saltare sulle mura di una torre nemica, ma fu subito ucciso. Venne seguito da un francese, André Dureboise, che riuscì a resistere all'attacco dei difensori, permettendo ad altri Veneziani e crociati di occupare le mura. Poco tempo dopo le porte della città furono aperte dagli attaccanti penetrati all'interno; per Costantinopoli, "la Seconda Roma", non ci fu più scampo.

Alessio V s'era rifugiato con alcune truppe nel suo palazzo imperiale. Nella notte, forse perché temevano un attacco di sorpresa, alcuni crociati tedeschi appiccarono il fuoco a delle case e nuovamente l'incendio divampò in città. Vista l'impossibile situazione, Alessio V si dette alla fuga. Durante quella notte, in cui regnava il caos a Costantinopoli, visto che l'imperatore era scappato, fu eletto imperatore Costantino XI Lascaris, che ordinò una sortita contro i crociati, guidata dal fratello del nuovo imperatore, il generale bizantino Teodoro Lascaris (futuro imperatore di Nicea), che non ebbe successo alcuno.[1]

Il giorno dopo ebbe inizio il grande ed efferato saccheggio.

Mentre Bonifacio del Monferrato occupava il palazzo imperiale del Boukoleon che, secondo Roberto de Clari aveva ben 500 stanze tutte riccamente addobbate e ben trenta cappelle, i crociati entravano nelle case e asportavano qualsiasi cosa di valore avessero trovato. Tutte le chiese vennero spogliate dei vasi sacri, delle icone, delle vite dei rifugiati, dei candelabri e quanto non si poteva asportare veniva semplicemente distrutto. Anche la basilica di S. Sofia venne completamente saccheggiata, l'altare venne spezzato, gli arazzi fatti a pezzi.

Un cronista dell'epoca, testimone oculare, tramanda che una prostituta, seduta sul trono del Patriarca, cantava strofe oscene in lingua francese. Mentre i Veneziani si concentravano su quelle cose che avevano un grande valore, i francesi arraffavano tutto quello che luccicava, si fermavano solo per ammazzare e violentare. Le cantine vennero depredate, i quasi cinquemila palazzi della città, i quali, secondo fonti, custodivano i due terzi di tutte le proprietà mondiali accumulate fino ad allora, vandalicamente saccheggiati e dati alle fiamme. La città era piena di soldataglia avvinazzata che trucidava chiunque trovasse lungo il cammino. Gli indifesi cittadini venivano torturati perché rivelassero dove avevano nascosto i loro valori.

Copia dei cavalli di bronzo sulla facciata della Basilica di San Marco a Venezia

I conventi vennero presi d'assalto, le monache stuprate, uccisi e torturati i monaci, molti vescovi e metropoliti e molti nobili e notabili bizantini furono incarcerati e altri assassinati. Vecchi, donne e bambini giacevano in pozze di sangue per le strade, già morti o morenti. La Quarta Crociata conquistò Costantinopoli, stabilendovi un Impero Latino. Nell'organizzazione del nuovo Stato venne istituita la carica di Patriarca latino di Costantinopoli, per guidare il numeroso clero cristiano (veneziano e di altre regioni d'Europa) affluito al seguito dei conquistatori e sostituire il vecchio Patriarcato Ecumenico ortodosso, sopravvissuto nei residui territori bizantini. Il patriarca Giovanni X di Costantinopoli dovette quindi abbandonare la città, ritirandosi in esilio in Tracia, al seguito dell'imperatore Alessio V, rifugiandosi quindi nel 1206 a Nicea, presso la corte di Teodoro I Lascaris, che venne incoronato Imperatore di Nicea. L'inferno durò per 14 giorni.

Infine i comandanti degli assalitori intervennero, dettero ordine di cessare il saccheggio (tanto ben poco era rimasto da depredare) e ordinarono che qualsiasi bottino doveva essere portato in tre chiese e sorvegliato da fidatissimi crociati e veneziani. Questo perché il contratto prevedeva la spartizione dei beni saccheggiati: tre ottavi ai veneziani, tre ottavi ai crociati e il restante quarto era destinato al futuro imperatore. Fra l'altro i veneziani portarono a Venezia i quattro cavalli di bronzo che ornano (attualmente in copia) la basilica di San Marco, l'icona della Madonna Nicopeia e molte preziose reliquie che ancora sono serbate nel tesoro di San Marco.

Nel 1215 il Concilio Lateranense IV riconobbe al Patriarca latino i diritti dell'antica sede patriarcale costantinopolitana, ma già nel 1261 il debole Stato latino venne cancellato, con la riconquista della città in mani bizantine: il patriarcato greco venne ristabilito nella sua originaria sede e i rivali latini dovettero lasciare la città per l'Italia. Così ebbe fine la Quarta Crociata che, istituita con l'intenzione di combattere i musulmani, aggredì e saccheggiò unicamente paesi cristiani. Il solco tra cattolici e ortodossi era destinato ad allargarsi e approfondirsi nei secoli, fino ai nostri giorni e fino al Concilio Vaticano II indetto da Giovanni XXIII, che vide per la prima volta, come osservatori conciliari, insieme con altri membri di Chiese cristiane sorelle, anche la presenza di molti rappresentanti di Chiese ortodosse e del Patriarcato di Costantinopoli.

Conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Impero latino di Costantinopoli.
Monumento dedicato a Baldovino I di Costantinopoli a Mons in Hainaut

Prima conseguenza fra tutte fu quella di fare cessare, anche se momentaneamente, l'Impero Bizantino. Gravi furono i danni al patrimonio artistico e culturale della città.

Il bottino fu calcolato in circa 900000 marche imperiali d'argento[8], oggi equivalenti a molte centinaia di milioni di Euro[senza fonte].

Poi si passò all'elezione dell'Impero latino. Bonifacio del Monferrato sperava sempre di essere eletto, ma trovò la forte opposizione dei veneziani. All'inizio i comandanti crociati avevano offerto al vecchio doge veneziano il titolo di imperatore, ma il Dandolo rifiutò; quindi i comandanti crociati e quelli veneziani furono d'accordo nell'eleggere il conte Baldovino IX di Fiandra, che prese possesso del trono di Costantinopoli. Parte del regno però andò a Venezia, secondo quanto previsto dal contratto. Per ampliare la propria potenza marittima Venezia reclamò e ottenne la costa occidentale della Grecia, tutto il Peloponneso (Morea), Nasso, Andro, Eubea (oggi Negroponte), Gallipoli, Adrianopoli e i porti della Tracia sul Mar di Marmara.

Da allora il Doge assunse il titolo di “Dominus quartae partis et dimidiae totius Imperii Romaniae”, cioè Signore di un quarto e mezzo dell'Impero Romano d'Oriente. I veneziani pretesero anche tre ottavi della città di Costantinopoli e occuparono il quartiere dove è oggi ubicata l'Hagia Sophia, ex basilica di Santa Sofia[9] Inoltre ai veneziani andò successivamente l'importante isola di Creta, venduta da Baldovino I in cambio di denari sonanti che andarono a riempire le vuote casse imperiali. A ricoprire la carica di patriarca venne nominato il nobile veneziano Tommaso Morosini.[4] Baldovino venne incoronato in pompa magna il 16 maggio 1204 nella cattedrale di Santa Sofia.

Alla notizia dell'accaduto, papa Innocenzo III scrisse lettere a Costantinopoli, deplorando e condannando che, senza il suo sapere, Stato e Chiesa erano stati divisi; ma ciò non cambiò la situazione[10]. Il suo dispiacere crebbe ancora quando venne a sapere che il suo legato, Pietro di San Marcello, aveva svincolato i crociati dalla promessa di liberare Gerusalemme[11]. La crociata da lui predicata e indetta si era tramutata in una guerra tra stati cristiani. Le atrocità commesse dai crociati durante il saccheggio di Costantinopoli non contribuirono certamente a migliorare i rapporti fra la Chiesa ortodossa e quella cattolica di Roma. Le due Chiese erano già separate dal 1054, e lo rimangono tuttora.

Nonostante alcuni tentativi di riconciliazione al secondo Concilio di Lione (1276) e al Concilio di Firenze (1439), falliti in quanto semplici mosse politiche non riconosciute dalla gerarchia ortodossa, le due Chiese si estraniarono sempre più l'una dall'altra. Bisognerà aspettare il 1964, quando papa Paolo VI e il patriarca ecumenico di Costantinopoli Atenagora si scambieranno reciproci saluti e, dopo nove secoli, aboliranno le rispettive scomuniche. Il 4 maggio 2001 papa Giovanni Paolo II, in visita ad Atene, chiese perdono a Christodoulos, arcivescovo ortodosso di Atene e di tutta la Grecia, per il sacco di Costantinopoli. La visita si svolse in un difficile clima, dovuto al dissenso espresso da una parte della comunità ortodossa, soprattutto proveniente dalle Chiese veterocalendariste (del calendario giuliano detto vecchio calendario) e dalle comunità monastiche del Monte Athos, da sempre ostili al primato rivendicato dal Vescovo di Roma.[senza fonte]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Alvise Zorzi, La Repubblica del Leone – Storia di Venezia, Milano, Rusconi, 19802
  2. ^ Catholic Ecyclopedia - Le crociate
  3. ^ Frederic C. Lane, Storia di Venezia, Torino, Edizioni Einaudi, 1978, p. 44.
  4. ^ a b c Steven Runciman, Geschichte der Kreuzzüge, dtv, ISBN 3-423-04670-8
  5. ^ Frederic C. Lane, Storia di Venezia, Edizioni Einaudi, 1978, Torino, p. 44
  6. ^ a b Alvise Zorzi, La Repubblica del Leone. Storia di Venezia, Milano, Tascabili Bompiani, 2001, pp. 102-103, ISBN 88-452-9136-7.
  7. ^ Catholic Ecyclopedia
  8. ^ Jean Richard, The Crusades, c.1071-c.1291, p. 251
  9. ^ E. Gerland, Geschichte des lateinischen Kaiserreiches von Konstantinopel. 1. Teil: Geschichte des Kaisers Balduin I. und Heinrich, Homburg v. d. Höhe 1905, pp. 1-10
  10. ^ Philip Hughes, "Innocent III & the Latin East", History of the Church, Sheed & Ward, 1948, vol. 2, p. 372
  11. ^ Medieval Sourcebook: Pope Innocent III: Reprimand of Papal Legate

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Robert de Clary, Racconti della quarta crociata, tratti dalle prose di Robert de Clary e di Jofroy de Vilehardoin da V. De Bartholomaeis, Loescher, Roma 1904
  • Goffredo di Villehardouin, La conquista di Costantinopoli, introduzione, traduzione e note di Fausta Garavini, Torino 1962
  • Niceta Coniata, La conquista di Costantinopoli durante la 4. crociata, traduzione di Fabrizio Conca, Milano 1981
  • La caduta di Costantinopoli, 1204: fonti bizantine e occidentali sulla Quarta crociata, testi presentati in occasione del Convegno "Venezia, la Quarta crociata, l'impero latino d'Oriente" (Venezia 4 maggio 2004) Venezia: Dipartimento di studi storici, Università Ca' Foscari, 2004
  • Niccolo Zorzi, Per la storiografia sulla quarta crociata: il De bello constantinopolitano di Paolo Ramusio e la Constantinopolis belgica di Pierre d'Outreman, in: Quarta crociata: Venezia, Bisanzio, Impero latino, a cura di G. Ortalli, G. Ravegnani, P. Schreiner, Venezia: Istituto veneto di scienze lettere ed Arti, 2006, pp. 684–746
  • Donald E. Queller and Thomas F. Madden, The Fourth Crusade: the conquest of Constantinople with an essay on primary sources by Alfred J. Andrea, Philadelphia: University of Pennsylvania press, 2000
  • Anna Maria Nada Patrone, La quarta crociata e l'Impero latino di Romania, 1198-1261 Giappichelli, Torino 1972
  • Alvise Zorzi, La Repubblica del Leone, Milano, Rusconi, 1980 (2ª ed.).
  • Steven Runciman, Storia delle Crociate, Torino, Einaudi, 1966 (4ª ed.). Trad. it. dell'originale A History of the Crusades, Londra, Cambridge University Press, 1951.
  • Storia delle crociate online, quarta crociata (inglese)., su digicoll.library.wisc.edu.
  • Marco Meschini, 1204: l'incompiuta: la quarta crociata e le conquiste di Costantinopoli, Milano 2004
  • G. Ortalli, G. Ravegnani e P. Schreiner, Quarta Crociata: Venezia-Bisanzio-Impero Latino, Venezia, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed arti, 2006, ISBN 88-88143-74-2.
  • Urbs capta. The Fourth Crusade and Its Consequences – La IVe croisade et ses conséquences, éd. par A. Laiou, Paris, Lethielleux, 2005
  • Marina Montesano, Dio lo volle? 1204: la vera caduta di Costantinopoli, Roma, Salerno editrice, 2020, ISBN 978-88-6973-464-9

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